Com’era facile prevedere, quel cielo senza colori prese a piovigginare. Avevo lasciato l’auto lontano,
cosi’ arrivai zuppo d’acqua. Mentre aspettavo che il venditore finisse la telefonata, ai miei piedi
si formo’ una piccola pozza scivolosa. Imbarazzato, pensai che fosse meglio aggirarmi con finta
noncuranza per l’esposizione, in modo da distribuire lo sgocciolio in modo uniforme su tutto il
pavimento del salone. Cromature di motociclette luccicavano alle luci dei neon. Di una accarezzai il
serbatoio, dell’altra la manopola del gas, di un’altra ancora la sella… Ecco, questa! D’impulso vi salii
a cavalcioni; poi, soddisfatto, ne impugnai il largo manubrio. L’arrivo del venditore mi strappo’ dalle
fantasticherie. Si’, e’ molto bella, convenni con lui. Non lo ascoltai mentre – solerte – mi elencava
i pregi di quel modello. Prima ancora che mi parlasse del prezzo e dello sconto che poteva farmi
(pochi acquistano una moto in pieno inverno), avevo deciso di comprarla.
Laura non ci avrebbe mai creduto.

Anche il venditore sembro’ non crederci, soprattutto quando gli dissi che non volevo quella sulla
quale mi ero seduto, ma quell’altra, uguale … – quella la’, fuori sul piazzale – dimenticata da
qualcuno sotto la pioggerellina che scendeva implacabile. La comparsa del libretto degli
assegni dissipo’ ogni perplessita’ del venditore. Firmai in fretta il contratto e l’assegno; si’, entro
il giorno successivo sarebbe stata immatricolata. Sarei venuto a ritirarla immediatamente.
Appena in tempo per il mio compleanno, pensai soddisfatto.
All’uscita – piovigginava ancora – non potei fare a meno, passandole vicino, di accarezzarle
il serbatoio: lucido di metallo e di gocce d’acqua, rifletteva i neon dell’esposizione.

Quella sera rimasi in casa. Non avevo voglia di uscire. Mi cucinai qualcosa e mangiai distrattamente,
ascoltando il telegiornale. Dopo cena mi resi conto che non riuscivo a seguire il film in tv. Forse era
il pensiero della mia moto nuova, o forse era il trillo del telefono e quella voce ben nota
che – in tono prima perplesso poi sempre più irritato – chiedeva alla segreteria telefonica se fossi
in casa … e diceva che avrebbe richiamato. Dopo la seconda o la terza volta, allo squillo del telefono
non segui’ alcun messaggio. Allora mi sistemai il cuscino dietro la nuca e cercai di concentrarmi sul film.

Quella notte sognai di percorrere una strada infinita, danzando tra le curve al ritmo di un cuore bicilindrico.
Ogni cosa era levigata come l’acciaio. Il mio cuore, dopo tanto tempo, aveva lo stesso brillio delle
cromature eccitate dal sole. E il vento mischiava l’odore dei campi a quello dell’olio e della benzina.


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