FrontPage Forums Report degli incontri e viaggi Tempo di lavatrice (parte 1)

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      Panko
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      Era da un po’ di tempo che la lavatrice aveva qualche problema. I cicli di lavaggio stavano diventando sempre più lunghi, il ciclo breve del cotone arrivava a superare le tre ore.
      Ieri sono tornato presto da lavoro, e alle due del pomeriggio ero già a casa, pronto per aprire la porta al tecnico.
      Gran bella giornata ieri, molta foschia ma con cielo sereno, e la temperatura addolcita rispetto alla giornata precedente.
      Il tecnico, anzi i tecnici della lavatrice sono arrivati verso le due e mezzo e hanno prontamente capito il problema, sostituendo un pezzo.
      Dato che erano lì, ne hanno approfittato per controllare per bene tutto l’elettrodomestico, ed è stato lì che ho voltato lo sguardo e per la prima volta ho visto il sole riflesso sull’intonaco giallo delle case intorno (AH BENE), quel tipico colore caldissimo che solo d’inverno ti prende lì dove sei per coccolarti la rètina e facendoti socchiudere le palpebre come un gatto sul cofano tiepido di una macchina.
      Troppi giorni senza vedere il sole così.
      Un pensiero si insidia in me, striscia nel mio subconscio tramutandosi in improvvisa solerzia nel concludere la visita dei tecnici.
      Pago; il capo dei due ragazzi mi stacca la ricevuta dal blocco e li accompagno alla porta. Apro, e mentre premo il pulsante dell’apricancello, la luce calda mi investe e
      (MI CHIAMA)
      rimango momenaneamente come stordito .

      Saluto i tecnici, chiudo la porta di casa, apro l’oblò e carico la lavatrice con una mandata di panni sporchi.
      Ma la solerzia di prima si tramuta immediatamente in un impulso ormai irrefrenabile: salgo in camera, i vestiti mi schizzano via di dosso e il loro posto viene preso dal completo termico della Bikers e da un paio di calzini belli spessi da trekking.
      Prendo la macchina fotografica, i documenti e le chiavi della moto e scendo in garage, dove la vestizione prosegue in modo disordinato con la solita voglia di non perdere nemmeno un minuto di luce, mentre il compressore (TROTOTOTOTOTOTOTOTOTOT) carica diligentemente il serbatoio dell’aria buttandovi dentro l’equivalente di cinque atmosfere terrestri, una sopra l’altra.
      Gonfio le gomme sgonfie, tocco la moto, sembra leggera, la porto fuori all’indietro. Accendo il quadro e la pompa della benzina attacca (STI-TI-TI-TI-ti-ti-ti-ti) con la solita serie di ticchettii, ma questa volta il pompaggio benzina dura molto più del solito. E’ più di un mese che non l’accendo e ora mi appresto a farlo (SOLO MEZZ’ARIA, PANKO)

      MOTORE, AZIONE
      BZZZZZZ frulla
      (ORA ANCHE IL TERZO CILINDRO, VAI COSI’
      PERFETTO)

      Stacco i piedi da terra, la sensazione è un po’ così, di instabilità. Il motore sonnecchia molto, e mi avvio sulla Setteponti illuminata dal
      solicino tenue.
      Ogni curva è una manovra da circo bulgaro, va via davanti e dietro, ma dopo tre o quattro chilometri, al confine di provincia le gomme iniziano a tenere e allungo un po’ il passo sull’asfalto polveroso di sale e a tratti umido.

      Per questo primo giro del nuovo 2010 ci vuole qualcosa di particolare.
      Decido di tentare la scalata del Secchieta, anche se so che sarà difficilissimo trovare la strada sgombra, fin lassù, visto che la neve comincia già sotto alla quota del Saltino, e ciò vuol dire che è nevicato molto di recente.
      Mi accorgo che non mi importa niente di arrivare per forza da qualche parte, mi basta vedere un po’ di neve (SENTO GIA’ L’ODORE).
      A 15 km da casa trovo la prima neve a bordo strada, ma salgo ancora ed entro in Vallombrosa (mai nome fu più azzeccato).

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